16 ottobre 2016

Calabria Verde: il primo bilancio chiude con un disavanzo di 56 milioni di euro

Calabria Verde è una delle tante società in House della Regione Calabria, fu costituita nel 2013 con l’intento di riorganizzare e razionalizzare le politiche di tutela e la valorizzazione economica delle risorse forestali calabresi. Calabria Verde ha infatti assorbito le grandi aziende pubbliche regionali Afor e Arssa e le Comunità Montane.

Nel 2014 quando Calabria Verde aveva appena ultimato la fase di costituzione e non avviato alcuna attività la sezione regionale della Corte dei Conti manifestò notevoli perplessità in merito alla previsione dei costi ampiamente sottostimati dalla regione e alla loro copertura che in alcuni casi apparve alla corte addirittura ridicola tra cui sottolineò l’inverosimile copertura indicata dalla regione da: “utili netti di gestione derivanti da ‘utilizzazione forestale’ e vendita del materiale legnoso e concessioni sul patrimonio forestale” (qui trovate ulteriori informazioni).

Diciamo subito che l’intento della regione di razionalizzare il settore delle risorse forestali calabresi avrebbe incontrato ostacoli non di poco conto, primo dei quali il costo del personale traferito dagli enti soppressi:
1. il personale dell’Afor (i forestali), che transitò nella neo-istituita azienda regionale, con un pacchetto di n. 5.727 unità lavorative, per un costo anno 2012 (seppure descritto come decrescente negli anni per via di pensionamenti) di circa 164.910.000,00 €
2. il personale delle comunità montane (settore già sostenuto in passato da finanziamento statale ma venuto meno) che ammontava a n. 388 unità lavorative, per una spesa annua di 14.296.619,35 €
3. il personale addetto al servizio di sorveglianza idraulica con n. 290 unità lavorative (legge regionale n. 52/2009), che passò da tempo parziale a tempo pieno una volta assorbito da Calabria Verde, e che presentava un costo annuo di circa euro 8.000.000,00 €
Oggi a circa 2 anni e mezzo dall’avvio dell’attività dell’ente regionale possiamo tentare di fare qualche considerazione più dettagliata dall’esame dei dati del bilancio consuntivo 2014 pubblicato con delibera n. 917 del 09/09/2015 e soprattutto vedere se la Corte dei Conti avesse ragione.
Calabria verde ha avviato l’attività ad aprile 2014, il bilancio che esamineremo si riferisce quindi a soli 9 mesi e chiude con un avanzo pari ad € 1.338.028,00 (che come vedremo si rivelerà totalmente inesistente).

Nel 2014 l’ente ha impegnato spese per 314.700.934,75, il che farebbe stimare in costo annuo su 12 mesi tolte le partite di giro, a poco meno di 400 milioni. Questo il dettaglio pubblicato dallo stesso ente:
Sempre dal Bilancio risulta che Calabria Verde, nel 2014 ha occupato ben 5.890 dipendenti:

Nella sezione delle spese notiamo che sono stati contratti 2 mutui con Cassa Depositi e Prestiti per arredare la nuova sede di Catanzaro per 600.000,00€ (manutenzioni, arredi e computer), mentre il canone di locazione della predetta sede ammonta a € 120.263,62/anno. Già da qui si nota lo strano modo di razionalizzare le spese della Regione Calabria.
Il direttore Generale nel 2014 ha percepito 105.431,14 a cui si dovrebbero aggiungere 33.669,00 per indennità di risultato (a cui si aggiungono 48.967,01 di oneri previdenziali che l’ente gli ha versato).
Nel bilancio poi si nota che sono stati utilizzati 80 milioni per anticipazioni di cassa (cioè prestiti bancari) su cui l’ente ha pagato ben 616.550,00€ di interessi passivi (credo che ciò sia dovuto a mancanza di liquidità).
Da notare che nel bilancio non vi è traccia dei debiti risultanti dalla liquidazione AFOR in quanto Calabria Verde è subentrata in tutte le funzioni AFOR e posizioni attive e passive (la corte dei conti aveva stimato in 150 milioni le predette passività).
Ma vediamo cosa è accaduto dal lato delle entrate: le entrate affettive incassate dalla vendita di materiale legnoso (che nella mente di chi ha partorito il carrozzone dovevano contribuire a garantire la copertura delle spese) sono state pari a ZERO, mentre il totale delle entrate per la vendita di altri prodotti è stato di € 14.603,44 sufficienti a coprire poco meno dello 0,005% delle spese.
L’entrata dei canoni incassati per la concessione di lotti e terreni è stato di € 130.762,41 (anche qui somma irrisoria, ci sarebbero dei crediti iscritti in bilancio ma l’effettiva esigibilità è tutta da verificare).
Volendo stimare la capacità di copertura autonoma delle spese di Calabria Verde (al netto del contributo statale e regionale) l’ente avrebbe una capacità di generare poco più di 3 milioni di € di entrate (tutte teoriche perché nel 2014 non è stato incassato praticamente nulla e le somme sono finite nei crediti da riscuotere): pertanto la copertura teorica con utili generati da vendita di materiale legnoso e concessione di lotti boschivi ecc. è pari al 1,04% nella più rosea delle ipotesi.
Bisogna aggiungere, inoltre, che Calabria Verde è stata senza organo di revisione contabile per due anni, il quale è stato nominato il 31/05/2016 pur avendo l’ente iniziato l’attività ad aprile 2014.
Ad oggi il bilancio consuntivo 2014 risulta l’unico pubblicato ed approvato e seppur con notevole ritardo non vi è traccia del bilancio consuntivo 2015.
Quello che appare preoccupante è che originariamente il bilancio 2014 è stato approvato con un avanzo di amministrazione pari ad € 1.338.028,00. Successivamente Calabria Verde con 2 revisioni relative al riaccertamento dei residui (in cui sono stati rettificati soprattutto residui attivi cioè dei crediti a quanto pare inesistenti iscritti in bilancio) l’ente ha rettificato il risultato di amministrazione e dichiarato un disavanzo di ben 56.182.826,18€. Un disavanzo di 56 milioni in meno di 9 mesi di attività farebbe saltare sulla sedia chiunque (tranne che in Calabria). Il revisore che si accorge della cosa dichiara: “Questo Organo di revisione, comunque, non può non evidenziare che in otto mesi di gestione e cioè da aprile 2014 al 31/12/2014, è stato generato un disavanzo di amministrazione di € 56.182.826,18 che desta forte preoccupazione per la vita stessa di questa Azienda.
Per quanto riguarda il predetto debito di € 56.182.826,18 Calabria Verde ha deciso di spalmarlo in 30 anni (lo permette la nuova normativa di bilancio armonizzato), ogni anno quindi dovranno essere trovate risorse aggiuntive in bilancio per coprire 1/30 del debito accumulato in soli 9 mesi del 2014 e cioè 1.872.760,87€
Una spesa annua stimata di quasi 400 milioni e 5.890 dipendenti con un debito di € 56.182.826,18 a soli nove mesi dalla costituzione richiederebbe un intervento urgente della politica calabrese in quanto ampiamente insostenibile per una regione come la nostra.
Non sembra che però la maggioranza, ma cosa più allarmante la minoranza, del consiglio regionale sia particolarmente preoccupata della cosa. Anzi con la legge n. 27 del 15.12.2015 la Regione ha stanziato ulteriori 19 milioni a copertura delle maggiori spese 2014 (solo successivamente, a seguito di ulteriore revisione dei residui in regione, si sono accorti che non bastavano a coprirne nemmeno la metà).

Per finire bisogna precisare che:
1) una parte della spesa di Calabria Verde (e prima dell’AFOR) è stata da sempre a carico non solo dei calabresi ma di tutti gli italiani fin dal 1984, ed arrivò alla somma di 160 milioni nel 2012 per poi ridursi di anno in anno fino a che la Legge di Stabilità 2015 ha previsto lo stanziamento di 140 milioni di euro per i forestali della Calabria a decorrere dal 2017.
2) L’unica e vera razionalizzazione delle spese di Calabria Verde la stanno facendo (involontariamente) i dipendenti che vanno in pensione: nell’albo pretorio si notano infatti numerosi pensionamenti fin dal 2015.
3) Nel bilancio di previsione 2015-2017, approvato in notevole ritardo il 30.12.2015, è prevista una spesa di € 404.097.304,13 per il 2015 al lordo delle partite di giro. La predetta spesa è prevista in ulteriore calo nel biennio successivo fino ad assestarsi a 311.716.713,28 (previsione che difficilmente sarà mantenuta visto il debito accumulato in soli 9 mesi).




26 giugno 2016

Quanto potrebbe rendere la raccolta differenziata (se fatta bene)

Molti cittadini si chiedono quali siano i benefici della raccolta differenziata, tralasciando i benefici per l'ambiente che sono abbastanza palesi (riduzione dei rifiuti interrati o inceneriti in discarica e conseguenti riduzioni di gas nocivi immessi in atmosfera ecc. ecc.), in questo post tenterò di mettere in luce i possibili benefici economici per cittadini ed enti locali.

Per il confronto prenderò come esempio 3 comuni: Falerna (CZ), Sassano (SA) Cesiomaggiore (BL)

Il Comune di Falerna (CZ) non è certo un esempio di eccellenza nella gestione dei rifiuti urbani e nella raccolta differenziata (46,97% nel 2015) e ne avevo già parlato quasi un anno fa in questo post confrontando la spesa familiare dei cittadini falernesi con quelli residenti nel Comune di Cesiomaggiore (BL).  Tale gestione inefficiente ha determinato nel corso degli anni un consistente aggravio per le già provate tasche dei cittadini, ecco l'andamento della tariffa rifiuti negli ultimi 4 anni per una famiglia tipo di 4 componenti che abita in una casa da 100mq:

Il comune di SASSANO (SA) ha una raccolta differenzia al 95,25% e pochi giorni fa ha ottenuto il secondo posto nella classifica "Comuni Ricicloni" di Legambiente. Il Comune di Sassano ha anche pubblicato una stima del proventi della raccolta differenziata nel 2015:

L'ente ha stimato nel 2015 un introito per le casse comunali di circa € 251.319,64 derivante dalla vendita del materiale riciclato dai cittadini.

Vediamo cosa succederebbe se il Comune di Falerna decidesse di fare lo stesso.
Innanzitutto per ottenere dei ricavi dalla vendita dei rifiuti differenziati è necessario sottoscrivere delle convenzioni con relativi consorzi di filiera COMIECO, COREPLA, COREVE, CIAL, RICREA, RILEGNO e ricevere direttamente nelle casse comunali i corrispettivi della raccolta differenziata (che oggi altrimenti incassa la società che effettua la raccolta differenziata...).

Il comune di Sassano produce un quantitativo di rifiuti annuo più o meno equivalente al comune di Falerna che però ha una raccolta differenziata al 46,97% contro il 95,25% di Sassano.

Ma vediamo a quanto ammonterebbero i ricavi dalla vendita dei rifiuti prodotti nel comune Falerna con raccolta differenziata al 46,97% (i dati sul quantitativo dei rifiuti riciclati nel 2015 sono stati pubblicati dal Comune di Falerna nel maggio 2016),
 Questo il calcolo dei ricavi presunti:
TOTALE Ricavi Stimati 50.165,94 : i ricavi sono basati su tariffe CONAI e relativi consorzi di filiera (vetro, plastica ecc.).

I ricavi sono puramente teorici perché il Comune di Falerna non ha previsto alcuna forma di cessione dei rifiuti ai vari consorzi e quindi credo che vengano incamerati interamente dalla ditta appaltatrice che attualmente gestisce la raccolta differenziata.

Vediamo cosa succederebbe al Bilancio della TARI 2016 di Falerna se il Comune riuscisse ad arrivare al 95% di raccolta differenziata come accade nel comune di SASSANO:
Il costo per la raccolta rifiuti a Falerna prevede un bilancio 2016 per € 830.282,56
di cui:

A) 140.000 per costi di smaltimento in discarica di rifiuti indifferenziati da pagare alla Regione Calabria (132,00 € x 1061 tonnellate/anno)
B) 40.000 smaltimento organico (91,62€ x 437 tonnellate/anno)

Ipotizzando di arrivare al 95% di differenziata i costi di conferimento della frazione indifferenziata si ridurrebbero a:
A) € 10.272 (-92,66%!)  per costi di smaltimento indifferenziato da pagare alla regione (107,00 € x 96 tonnellate/anno)
B) € 6.500 (-75%) per smaltimento della frazione organica. Lascio prudentemente quella cifra perché reputo più complicata la riduzione dei costi del conferimento dell'organico. Tuttavia si potrebbe prevedere una tariffa premiale per i cittadini che si doteranno di una compostiera e quindi eviteranno di consegnare organico al comune (il costo di una compostiera si aggira intorno alle 50€ e potrebbe fornirla il comune come ulteriore incentivo) es. il comune di Polignago prevede uno sconto del 5% sulla parte variabile TARI
C) TOTALE Ricavi Stimati dalla vendita di imballaggi differenziati (con raccolta diff. al 95%): 149.498,56 (la stima del Comune di Sassano di ricavi dalla vendita di imballaggi da raccolta differenziata per oltre 250.000€ mi sembra troppo ottimistica ed apparentemente irrealizzabile per Falerna)
Ed ecco il Nuovo Bilancio TARI di Falerna con raccolta differenziata al 95%:
Totale TARI € 517.556,00 (RIDUZIONE -37,67% rispetto alla spesa iniziale di € 830.282,56) il che equivarrebbe a ridurre di quasi il 40% la spesa TARI per famiglie ed imprese falernesi.

Naturalmente per raggiungere il 95% di raccolta differenziata bisognerebbe riorganizzare tutto il ciclo della raccolta con una serie di interventi tra i quali:
  • incentivando i cittadini con forme differenziate di tariffazione dei rifiuti (chi "più differenzia meno paga" come nel caso del Comune di Cesiomaggiore (BL))
  • informando i cittadini sui benefici economici ed ambientali della differenziata 
  • separando ulteriormente le varie frazioni di rifiuti (il vetro dal multimateriale come accade a Catanzaro) ed incentivando il compostaggio domestico
  • gestendo nel più efficiente modo possibile la raccolta dei rifiuti, evitando ritardi e disguidi che potrebbero favorire comportamenti poco corretti dei cittadini
  • facendo capire ai cittadini che la differenziata ha un costo più alto rispetto alla vecchia raccolta indifferenziata (sono necessari più uomini e mezzi per la raccolta rifiuti) ma che tali costi vengono coperti abbondantemente se si raggiungono alte percentuali di raccolta nel proprio comune (i 250.000€/anno di ricavi dalla vendita delle varie frazioni differenziate del Comune di Sassano ne sono un esempio).
Cosa comporterebbe un'alta percentuale di differenziata in termini di risparmi economici per i cittadini?
Riprendendo l'esempio fatto nel 2015, questo è il confronto della spesa TARI di 3 famiglie che vivono in un comune "virtuoso" come Cesiomaggiore (BL) con raccolta differenziata al 82,90% e quella della stesse famiglie che vivono a Falerna (CZ) con raccolta diff. al 46,97%:

Nucleo familiare 2 persone abitazione da 65mq:
TARI Cesiomaggiore € 135,45
TARI Falerna € 201,63 (+48,86%)

Nucleo familiare 3 persone, abitazione da 80mq:
TARI Cesiomaggiore € 160,65
TARI Falerna € 249,07 (+55,04%)

Nucleo familiare 4 persone, abitazione da 100mq:
TARI Cesiomaggiore € 185,33
TARI Falerna € 319,71 (+72,51)%

21 aprile 2016

Regione Calabria: Disastri "Comuni"

In vista delle elezioni amministrative che si terranno a Giugno ho dato un’occhiata alla situazione amministrativa e finanziaria dei comuni calabresi. 
Come al solito riusciamo a distinguerci in peggio.
Ci sono una serie di indicatori che denotano una profonda crisi economica e amministrativa degli EELL calabresi, i due fattori (politico-amministrativo ed economico) in realtà sembrano strettamente connessi, in quanto spesso una cattiva amministrazione (nel caso collusa con la 'ndrangheta) sfocia in una profonda crisi economica dell’ente amministrato.
Ho preso spunto da un articolo che il Sole24ore ha pubblicato online il 21/04/2016 (lo trovate qui) in cui si parlava del primo comune dell’Emilia Romagna sciolto per infiltrazioni mafiose (‘ndrangheta per essere precisi).
Il Sole24ore riporta un riferimento ad un’indagine sugli scioglimenti dei comuni per infiltrazioni mafiose (scaricabile qui) svolta dall’Associazione “Avviso Pubblico - Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”.
Possiamo notare come i comuni sciolti per mafia si trovino in gran parte nel sud Italia (e non poteva essere altrimenti), in particolare in 3 regioni sono diretti il 92% di tutti i decreti di scioglimento per mafia da quando è stata approvata la legge (1991) che ne disciplina la materia:

Notiamo che la Calabria ospita un terzo dei comuni sciolti per mafia dal 1991 (scioglimenti effettivi e quindi decreti non annullati e procedure non archiviate), tra i comuni calabresi che detengono il record per scioglimenti per infiltrazioni mafiose abbiamo (il record è nazionale, condiviso con la Campania, perché nessun comune italiano è stato mai sciolto per più di 3 volte):
1) Roccaforte del Greco (RC) n. 3 scioglimenti (1996, 2003, 2011)
2) San Ferdinando (RC) n. 3 scioglimenti (1992, 2009, 2014)
3) Taurianova (RC) n. 3 scioglimenti (1991, 2009, 2013)
4) Melito Porto Salvo n. 3 scioglimenti (1991, 1996, 2006)

Nella classifica non è riportato ma degno di nota è Lamezia Terme (CZ) uno dei più grandi comuni calabresi, 3° della Calabria e 81° tra i comuni d’Italia per popolazione, ed unico con n. 2 scioglimenti (1991, 2002).
Tra i comuni attualmente commissariati in seguito ad uno scioglimento per infiltrazioni mafiose che andranno ad elezioni a giugno 2016 ci sono:
1) San Luca (RC) sciolto il 17/05/2013
2) Cirò (KR) (Scioglimento annullato dal CdS)
3) Joppolo (VV) sciolto il 07/02/2014
4) Scalea (CS) sciolto il 25/02/2014
5) Badolato (CZ) sciolto il 23/05/2014

Restano attualmente commissariati e non vanno ad elezioni i seguenti comuni:
1) Africo (RC) sciolto il 01/08/2014
2) San Ferdinando (RC) sciolto il 31/10/2014   
3) Bovalino (RC) sciolto il 02/04/2015   
4) Bagnara Calabra (RC) sciolto il 14/04/2015   
5) Nardodipace (VV) sciolto il 07/12/2015
6) Ricadi (VV) sciolto il11/02/2014

Questo record di infiltrazioni e scioglimenti di EELL calabresi potrebbe essere un “primo sintomo” di cattiva gestione della cosa pubblica e del perché molti comuni versano in uno stato di abbandono e degrado.

Un altro “sintomo” (che in alcuni casi potrebbe essere collegato al precedente) è dato dalle procedure per dissesto finanziario che sono state richieste dai comuni calabresi dal 1989, anno in cui fu introdotto l’istituto del disseto finanziario negli enti locali.
Anche in questo caso la Calabria detiene un record nazionale: su 523 delibere di dissesto ben 152 sono state approvate da comuni calabresi, 1/3 dei dissesti sul totale nazionale (29,06%):

Notiamo che, come nel caso delle infiltrazioni mafiose, Calabria e Campania detengono il record assoluto dei comuni in dissesto finanziario infatti il 55% di tutti i comuni italiani che hanno deliberato un dissesto è localizzato nelle due regioni.

Le cose non sono migliorate negli ultimi anni (anzi peggiorano e peggioreranno ulteriormente con il tagli ai trasferimenti del Governo centrale che dovrebbero bilanciarsi in parte con le entrate proprie degli enti), infatti dal 2010 al 2015 su 83 delibere di dissesto ben 50 (25 a testa, cioè il 60% del totale nazionale) sono in comuni calabresi o campani:

Tra i comuni che sono finiti in dissesto 1 o più volte (nessun comune ha deliberato più di 2 dissesti) troviamo:
1) Cerisano (CS) in dissesto negli anni 1994, 2014
2) Guardavalle (CZ) in dissesto negli anni 1990, 2013
3) Lungro (CS) in dissesto negli anni 1989, 2008
4) Monasterace (RC) in dissesto negli anni 1992, 2013
5) Paola (CS) in dissesto negli anni 1993, 2012
6) Scilla (RC) in dissesto negli anni 1992, 2012
7) Serra d'Aiello (CS) in dissesto negli anni 1989, 2014
8) Soriano Calabro (VV) in dissesto negli anni 1990, 2008

Notiamo che quasi il 30% dei comuni calabresi che sono stati sciolti per mafia uno o più volte hanno anche deliberato uno o più dissesti, ecco quelli con più di un dissesto/scioglimento:
1) Guardavalle (CZ), n. 2 dissesti (1990, 2013) ed n. 1 scioglimento per mafia (2003)
2) Monasterace (RC), n. 2 dissesti (
1992, 2013) ed n. 1 scioglimento per mafia (2003)
3) Soriano Calabro (VV), n. 2 dissesti
(1990, 2008) ed n. 1 scioglimento per mafia (2007)
4) Roccaforte del Greco (RC), n. 1 dissesto (1989) e n. 3 scioglimenti per mafia  (1996, 2003, 2011)
5) Briatico (VV), n. 1 dissesto (2011) ed n. 2 scioglimenti per mafia (2003, 2012)
6) Nardodipace (VV), n. 1 dissesto (2012) ed n. 2 scioglimenti per mafia (2001, 2015)
7) Nicotera (VV), n. 1 dissesto (1989) ed n. 2 scioglimenti per mafia (2005, 2010)


Ci sono poi una serie di comuni (ne riporto solo una parte per non dilungarmi) che hanno avuto almeno uno scioglimento per mafia ed almeno un dissesto:
1) Africo (RC), n. 1 dissesto ed n. 1 scioglimento per mafia
2) Badolato (CZ), n. 1 dissesto ed n. 1 scioglimento per mafia
3) Borgia (CZ), n. 1 dissesto ed n. 1 scioglimento per mafia
4) Cirò (KR), n. 1 dissesto ed n. 1 scioglimento per mafia
5) Siderno (RC), n. 1 dissesto ed n. 1 scioglimento per mafia
6) Bovalino (RC), n. 1 dissesto ed n. 1 scioglimento per mafia
7) Ardore (RC), n. 1 dissesto ed n. 1 scioglimento per mafia

Bisogna precisare che negli ultimi anni si è avuta una certa attenuazione nel numero dei dissesti finanziari degli enti locali (anche in Calabria), non perché sia migliorata la situazione finanziaria degli enti, ma perché nel 2012 è stata introdotta una procedura alternativa al dissesto finanziario “il piano di riequilibrio decennale” una sorta di dissesto “light” (non a caso chiamato dagli addetti ai lavori “predissesto”) che può essere richiesto dal comuni che si trovino in difficoltà finanziare "serie" ma risanabili e quindi non così gravi da giustificare un dissesto vero e proprio.
Se guardiamo i comuni che hanno fatto richiesta di accesso al piano di riequilibrio la musica non cambia, la regione Calabria è sempre quella in cui ci sono più enti con richiesta di accesso, infatti su 157 richieste quasi il 30% (come nel caso del disseto e come per le infiltrazioni mafiose) proveniva da un comune calabrese (i dati ministeriali sono aggiornati al 2014):

Tra i comuni che attualmente hanno avuto approvato il piano di riequilibrio dalla Corte dei Conti (ho omesso di riportare chi ha l’iter di approvazione in itinere come ad es. Lamezia Terme) ed in passato hanno avuto anche uno o più scioglimenti per mafia o un dissesto abbiamo:
1) Taurianova (RC), n. 1 predissesto e n. 3 scioglimenti per mafia
2) Scalea (CS), n. 1 predissesto e n. 1 scioglimento per mafia
3) Reggio Calabria (RC), n. 1 predissesto e n. 1 scioglimento per mafia


Attualmente l’Anci segnala che in Italia ci sono 231 amministrazioni comunali commissariate a vario titolo (dimissioni degli amministratori, mancata approvazione del bilancio, scioglimenti per mafia), questo denota un certo problema nel territorio perché il commissariamento provoca pur sempre un’interruzione dell’azione politica degli amministratori, della programmazione degli investimenti ecc. ecc.  anche in questo caso la Calabria e la Campania non sembrano avere rivali 1 comune su 3 attualmente commissariato è calabrese o campano:

Bisogna segnalare infine la situazione del Comune di Lamezia Terme (CZ) 3° comune della Calabria già sciolto per mafia per 2 volte (1991, 2002) e che ha richiesto l‘accesso alla procedura di predissesto nel 2014 (dopo aver evitato il dissesto con ricorso alla Corte dei Conti sez. Lazio) l’iter di approvazione da parte della Corte dei Conti della Calabria non si è ancora concluso e non è dato sapere se si concluderà con un diniego da parte della C.d.C. e quindi con un dissesto vero e proprio.

Il contenuto di questo post è stato ripreso dal TG3 Ed. Calabria del 26.04.2016:

Fonti:
1) Corte dei Conti - Banche dati
2) Ministero dell'Interno-Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali
3) Associazione Avviso Pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie
4) ANCI - Associazione Nazionale dei Comuni Italiani

18 marzo 2016

Trivelle gas e petrolio. Perchè votare Sì.

Chi sostiene che una vittoria del “sì” nel referendum del 17 aprile 2016 avrebbe conseguenze pesanti sull’occupazione e che la fine delle estrazioni significherebbe la perdita di migliaia di posti di lavoro e che continuando a perforare potremmo raggiungere una certa indipendenza energetica dice il vero? Di sicuro dice "un mare" di bugie…
In mare (entro e oltre le 12 miglia dalla costa) viene estratto solamente l’1,30% del petrolio che l’Italia consuma ogni anno e circa il 7,85% di gas naturale (su dati 2014 forniti dal Ministero dello Sviluppo Economico).
Continuare a trivellare non servirà a nulla perché non è cercando gas e petrolio nei nostri mari che “guadagneremo” l’indipendenza energetica e salveremo migliaia di posti di lavoro  (ne servirebbe talmente tanto che non basterebbe sforacchiare tutta la costa dal Friuli alla Sicilia, a patto di trovare petrolio e gas ad ogni nuovo pozzo), basta guardare le statistiche delle importazioni riferite a petrolio, gas ed energia elettrica:
1) siamo al terzo posto al mondo per “sbilancio” import/export di Gas naturale:
2) siamo all’ottavo posto al mondo per differenza import/export di petrolio greggio:
3) siamo al secondo posto al mondo per differenza import/export di energia elettrica:
in altre parole siamo “energeticamente” spacciati e dipendiamo dall'estero sia per l'approvvigionamento del petrolio che del gas, ad es. per il gas oltre il 90% del fabbisogno nazionale viene coperto mediante importazioni da paesi terzi (Russia in primis):
Ma le trivelle e la ricerca di combustibile fossile nei nostri mari potranno in futuro cambiare questa situazione? Impossibile ed inutile ne servirebbe troppo e tutto quel gas/petrolio li sotto non c'è.
Tralasciando le piattaforme marine che estraggono petrolio perché l’1,30% del petrolio estratto rispetto al fabbisogno italiano è talmente ridicolo che possiamo farne tranquillamente a meno, discorso diverso è per il gas che nel 2014 arriva a coprire il 7,85% del fabbisogno nazionale.
Infatti le piattaforme entro le 12 miglia costiere interessate dal referendum estraggono principalmente Gas Naturale, come abbiamo visto tutta la produzione entro ed oltre le 12 miglia arriva a coprire al massimo il 7,85% del nostro fabbisogno annuo. Ma serve davvero questo gas?
Circa il 30% di tutto il gas di cui abbiamo bisogno (nel 2014 il fabbisogno è stato di circa 61.912 milioni metri cubi conto i 70.000 del 2013) viene bruciato in centrali termoelettriche per generare energia elettrica:  
E circa il 64% dell’energia elettrica prodotta in Italia proviene da centrali termoelettriche (alimentate a gas, carbone, petrolio ecc.):
ma ben il 50% di tutta quella energia da termoelettrico viene prodotta bruciando gas Metano:
Ricapitolando nel 2014 abbiamo estratto dai nostri mari 4.863 milioni di metri cubi di gas ma ne abbiamo bruciato 17.677 in centrali termoelettriche, quindi l’estrazione di gas da piattaforme marine (entro ed oltre le 12 miglia) copre a malapena il 27,51% del gas bruciato nelle centrali.
Dal 2010 al 2014 però il fabbisogno totale di gas naturale dell’Italia si è ridotto del 25,70% (complice la crisi economica ma soprattutto la sostituzione degli impianti termoelettrici con quelli alimentati da fonti rinnovabili), infatti la produzione di energia elettrica da fonte Termoelettrica che utilizza Gas naturale ed il conseguente consumo di gas nelle centrali ha avuto il seguente andamento, riducendosi del 40,34% (2010-2014):
Dal 2010 al 2014 infatti il consumo di Gas nelle centrali termoelettriche si è ridotto di 11.953 milioni di mc, quindi più del doppio di quanto oggi ne estraiamo dalle piattaforme marine (entro ed oltre le 12 miglia), servirà davvero cercare altro gas con nuove trivellazioni?
Per quanto riguarda gli operatori, il mercato del gas nazionale è praticamente in mano ad ENI Spa che detiene una quota pari all'85,00% nella produzione di Gas in territorio nazionale e figura anche al primo posto tra gli importatori di gas dall'estero con una quota del 58,00%.

Per finire ecco il “circolo vizioso del gas” che si vorrebbe tutelare votando "no" al referendum:
1. Si perforano i fondali per cercare gas naturale.
2. Questo è il costo in termini di esternalità negative di alcune fonti di energia elettrica (nel grafico le emissioni di gas ad effetto serra). Vediamo come il Termoelettrico sia in assoluto il più inquinante.
3. dopo aver sforacchiato la costa portiamo il gas nelle centrali termoelettriche ed ecco cosa succede:
Nel 2013  ad es. la centrale di Simeri Crichi (CZ – Calabria) per produrre 2.426.322MWh di corrente elettrica ha consumato:
a) 17.133.000 metri cubi di acqua marina
b) 2.122 metri cubi di acqua potabile
c) 2,4 tonnellate di gasolio
d) 241,24 tonnellate di ipoclorito di sodio (lo usano per i depuratori)
e) 4,77 tonnellate di acido cloridico
f) 2,95 tonnellate di idrossido di sodio
g) 1,59 tonnellate di deossigenante
h) 0,89 tonnellate di disincrostante
i) 462.303.000 metri cubi di gas metano
k) 3,90 tonnellate di azoto tecnico


La stessa centrale ha immesso nell’atmosfera e nel mare in un anno (2013):
l) 320,27 tonnellate di ossidi di azoto
m) 279,02 tonnellate di monossido di carbonio
n) 9907.444,42 tonnellate di Anidride carbonica
o) 15.467.000 metri cubi di acqua di scarico trattata (finita in mare).


Infine una buona notizia che spiega anche perchè è inutile cercare gas in mare, occupiamo il decimo posto al mondo per quota di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili:
E ci sono ormai delle fonti rinnovabili che riescono a produrre energia elettrica quasi al costo delle fonti fossili (eolico ad es.)

Mentre nel 2014 rispetto al 2013 la generazione da termoelettrico è calata del -8,9% la rilevante espansione delle fonti rinnovabili, sempre rispetto al 2013, ha interessato tutte le fonti: idroelettrica giunta a 58,5 miliardi di kWh ossia TWh (+10,9%), fotovoltaica, a 22,3 TWh (+3,3%), eolica che tocca i 15,2 TWh (+1,9%) e geotermica a 5,9 TWh (+4,5%).

Ha senso quindi trivellare le coste per cercare Gas Naturale (per produrre energia elettrica) quando tra alcuni anni non sapremo più cosa farne?

19 gennaio 2016

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