3 giugno 2018

L'Italia ha smesso di investire nel Mezzogiorno

Juncker (una delle poche volte che, da sobrio, ha detto qualcosa di sensato) aveva ragione da vendere quando ha affermato: “Di quello che succede però nel Mezzogiorno, nelle regioni povere d’Italia, non può essere accusata l’Unione europea. È l'Italia a dover prendersi cura delle regioni più povere”.
Basta guardare cosa ha fatto l’Italia negli ultimi anni con le risorse della politica aggiuntiva nazionale (Fondo aree sottoutilizzate ‐ Fondo Sviluppo e Coesione) una spesa che dal decennio 1981‐1990 incideva per un ammontare pari allo 0,59% del PIL nazionale mentre nell’ultimo decennio 2011‐2015 è passata allo 0,15%, cioè si è ridotta da 27 miliardi a poco più di 12.
E’ stato calcolato che dal 1990 mancano circa da 1,6 a 4,4 miliardi annui di spesa per interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno che l’Italia non ha riservato alle regioni del sud Italia mediante il Fondo aree sottoutilizzate ed il Fondo Sviluppo e Coesione: “Un parametro per la valutazione della congruità di tale spesa potrebbe essere rinvenuto nella previsione del DPEF 2007‐2011 in cui veniva un ammontare complessivo di risorse del FSC pari allo 0,6% del PIL e che comunque, pur lasciando dei margini di flessibilità sulla ripartizione annuale, non dovesse risultare inferiore allo 0,4% a fine anno.”… bisogna ricordare che “le risorse della politica aggiuntiva, prevalentemente destinate al Sud, hanno la funzione di garantire la copertura del divario ancora esistente, dando attuazione al co.5 dell’art. 119 della Costituzione.
L’Italia ha quindi smesso di investire nel sud Italia, senza che nessuno dicesse nulla, eppure in questi 25 anni abbiamo sempre avuto una discreta rappresentanza nei vari governi e parlamenti nazionali.
Il vero problema è che abbiamo mandato in parlamento (per 25 anni) gente che si è fatta i cazzi propri, stessa cosa abbiamo fatto per l’amministrazione regionale, abbiamo votato per gente che ha sempre pensato esclusivamente ai cazzi propri.
Ora pensate cosa poteva succedere se non ci fossero stati i fondi EU. Saremmo morti e sepolti, perché chi avrebbe impedito all’Italia di destinare le risorse che alimentano il bilancio EU per i cazzi propri o destinarli alle regioni del nord o per esigenze di bilancio statale (infatti i fondi FAS sono stati usati in passato per coprire i debiti sanitari)?
Quindi prima di andare a “sbattere i pugni sui tavoli dell’EU” dovremmo sistemare le cose in casa nostra, come dice Juncker, cioè avremmo bisogno di parlamentari e politici regionali che “vadano a sbattere i pugni sui tavoli del Governo italiano”. Ma, per lo stesso motivo, “prima di andare a sbattere i pugni sui tavoli del Governo” dovremmo sistemare la situazione della spesa della nostra regione, non possiamo pretendere di essere presi sul serio se ci presentiamo con un consiglio regionale che costa quanto quello veneto, con una regione che è piena zeppa di società in house e partecipate (per ogni liquidazione ne vengono create in media altre 2, come è accaduto di recente con la “Consulta degli italiani all’estero” o la nuova “Agenzia per l’innovazione” o "Calabria Verde").
Dobbiamo, cioè, prima dimostrare che abbiamo imparato a spendere i nostri (pochi) soldi e poi pretendere di spendere quelli degli altri.

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